DI COSA SI TRATTA: un ladro di auto uccide un poliziotto che lo inseguiva, poi torna a Parigi e incontra un'amica giornalista americana. La polizia è da subito sulle sue tracce.
COSA MI E' PIACIUTO:
film simbolo della Nouvelle Vague, scritto con Truffaut, è un saggio di distruzione della grammatica cinematografica, che si serve soprattutto del montaggio, ma anche dei dialoghi, i quali spesso si scollano dalla realtà mostrata creando affascinanti ossimori. Il film fa il paio con Pierrot le fou, sempre interpretato da Belmondo. Laddove nell'altro film Godard gioca con i colori, qui si diverte con le geometrie. Là la sperimentazione si spinge alla colonna sonora, qui ci accontentiamo di un bel commento musicale che alterna il jazz alla musica classica (il concerto per clarinetto di Mozart). Belmondo e la Seberg rivaleggiano in fascino e fisicità. Parigi è sempre bella (anche se con un sacco di traffico già allora). I personaggi di contorno sono tratteggiati con annotazioni di sfuggita ma precise (il fotografo italiano amico del protagonista reca sottobraccio una copia de Il Giorno e una de La Gazzetta dello Sport, che è una cosa giustappunto tipicamente italiana, o almeno lo era, pur essendo assai meno risaputa dell'amore per la pizza e il mandolino). Jean-Pierre Melville, nei panni di uno scrittore cui Patricia chiede quale sia la sua più grande aspirazione nella vita, risponde: "Diventare immortali, e poi... morire". Che è un po' il destino del protagonista.
COSA NON MI HA CONVINTO: -
Ho visto Fino all'ultimo respiro in francese
con i sottotitoli in inglese.
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