COSA MI E' PIACIUTO:
fra i diversi livelli di lettura a cui si presta il film, il più considerevole
è la sua forma di parabola del colonialismo, che mantiene una cristallina
limpidezza anche qualora lo si riconsideri oggi. Aguirre e il prete
dicono: "(dalla conquista dell'Eldorado) tutti noi ricaveremo grandi
benefici e grandi ricchezze, ma non dimentichiamo mai che la cosa
più importante è che siamo qui per portare la parola di Dio". E più
tardi, Aguirre: "Io sono il furore di Dio, chi mi seguirà otterrà
incalcolabili ricchezze, chi diserterà sarà fatto a pezzi". Una filosofia
molto in voga in ogni epoca dell'umanità, anche nella nostra. L'uomo
che violenta la natura ne soccombe, risultandone una parte infinitesimale
e insignificante se rifiuta di integrarvisi. Aguirre e i suoi seguaci
percorrono il fiume annettendosi mentalmente tutti i territori lambiti,
ma senza mai impadronirsi realmente di nulla. La macchina da presa
è spesso a ridosso dei protagonisti, come per rimarcare l'impenetrabilità
dei territori. Klaus Kinski è magnificamente inquietante. Belle le
musiche (di Popol Vuh), anche se, come ho detto nelle note tecniche,
sono talora mal miscelate con le altre tracce.
COSA NON MI HA CONVINTO: fa una strana impressione sentire degli spagnoli
che parlano in tedesco, ma ciò in fondo può aiutare a mettere in
evidenza l'universalità del racconto, quantunque ispirato a un
autentico episodio storico.
Ho visto Aguirre, furore di Dio in
tedesco con i sottotitoli in italiano.
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