COSA MI E' PIACIUTO:
anzitutto, si parla del mio eroe sportivo assoluto, Muhammad Alì,
il più grande pugile di tutti i tempi, grande uomo, bello, forte,
intelligente, meraviglioso danzatore del ring. Chi di voi non è caduto
dalla sedia quando lo ha visto comparire all'improvviso con la fiaccola
olimpica nelle sue mani tremanti, lo sguardo fiero, forte, luminoso,
quale ultimo tedoforo all'inaugurazione dei Giochi del Centenario,
ad Atlanta nel 1996? Michael Mann ha suddiviso il racconto in tre parti,
puntando, per il finale, sul match storico per eccellenza, quello sostenuto
contro George Foreman nel 1974 a Kinshasa, nello Zaire. Un capolavoro
di tattica e di intelligenza contro la forza bruta di Foreman, campione
in carica e picchiatore spaventoso (ma un uomo buono): alle corde
per sette riprese, capace di difendersi in un fazzoletto rinunciando
alla sua proverbiale mobilità, a metà dell'ottava ripresa
il nostro capì che il suo avversario cominciava a dubitare
dei propri mezzi, e con una combinazione di colpi veloci e potenti,
uscito subitaneamente dalle corde, lo mise al tappeto. Elegante e
discreto il modo in cui la fatidica ottava ripresa viene annunciata.
Per la portata storica dell'evento, ma anche per la cura con cui
Mann lo ha riprodotto, le sequenze del match, seguite dall'apoteosi
finale, destano una viva emozione. La qualità del pugilato è molto
verosimile. Le smorfie di Alì nel match contro Liston che
gli diede per la prima volta il titolo, perché il campione
in carica lo aveva temporaneamente accecato con una pomata spalmata
sui guantoni, ricordano perfettamente quelle del match originale.
Sotto il profilo documentario, dunque, il film
è molto agguerrito. Splendidamente rappresentata la dignità nella
sconfitta (contro Frazier). Nella seconda parte si parla delle vicende
politiche e giudiziarie del pugile, che fu privato del titolo e della
licenza pugilistica per aver rifiutato l'arruolamento per il Vietnam.
Questa sezione è basata soprattutto sulle autentiche conferenze
stampa. In tutto il film è molto importante la parte musicale,
ci sono almento tre lunghe sequenze che rappresentano dei veri e
propri numeri musicali, a cominciare da quella di apertura. Suggestiva
quella dell'allenamento in Africa. Bravo Will Smith, anche come pugile.
Irriconoscibile Jon Voight: merito dei truccatori, ma anche suo.
Non è facile
fare un bel film sullo sport, perché, come ha spiegato più volte
Rino Tommasi, nello sport l'incertezza del risultato è quasi
tutto. Ma qui Mann, come già Scorsese in "Toro scatenato",
riesce a neutralizzare il problema spostando l'interesse dello spettatore
sul personaggio, e sull'uomo più che sullo sportivo. Del resto Alì dura
due ore e mezza, che volano via in un attimo.
COSA NON MI HA CONVINTO: regia molto elaborata nella prima parte. Si
snellisce però notevolmente col passare delle sequenze, fino ad
assumere i toni del documentario nell'ultimo straordinario quarto
d'ora. La parte che concerne le vicende sentimentali di Alì è la
meno interessante. Gli stacchi sugli spettatori durante i match
qualche volta peccano di ingenuità.
Ho visto Alì in
inglese con i sottotitoli in francese.
Questo film su Amazon.it
Michael Mann su Amazon.it