DI COSA SI TRATTA: terzo film sulla vita di Antoine Doinel, una sorta di alter ego di Truffaut. Lascia l'esercito e passa da un lavoro dall'altro, cercando nel frattempo l'amore della sua vita.
COSA MI E' PIACIUTO:
il programma è dichiarato dalla canzone di Trenet che apre e chiude il film: "Que reste-t-il de nos amours?", dolce, malinconica e così tipicamente francese che più tipicamente non si potrebbe. Il titolo è appunto tratto dal testo della canzone. E' quindi un'opera sospesa in quella leggerezza e quella semplicità che caratterizzano il cinema di Truffaut, in modo particolare nel ciclo dedicato a Antoine Doinel, irrequieto, ribelle, ma buono. Affiancano il bravissimo Léaud due splendide attrici, Claude Jade e Delphine Seyrig, molto diverse fra loro ma accomunate da una naturale eleganza. Il carattere improvvisatorio di alcune sequenze non è casuale. Nel periodo in cui Truffaut girava questo film, era anche impegnato nella protesta contro il ministro della cultura André Malraux che aveva deciso di "licenziare" il direttore nonché cofondatore della "Cinémathèque Française", Henri Langlois. E' a quest'ultimo che Truffaut ha dedicato Baci rubati, e sono i cancelli chiusi della Cinémathèque ad essere inquadrati al termine dei titoli di testa.
COSA NON MI HA CONVINTO: -
CURIOSITA': la malinconia è acuita dalla constatazione che sia il regista che le due attrici protagoniste sono prematuramente scomparsi a causa di una malattia incurabile, Claude e Delphine alla medesima età (58 anni). Ecco quindi che il "che cosa resta" della canzone risuona ancora più toccante.
Ho visto Baci rubati in francese con i sottotitoli in italiano.
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