DI COSA SI TRATTA: un duplice caso di stregoneria nella Danimarca del XVII secolo.
COSA MI E' PIACIUTO:
secondo film basato su una storia di condanna al rogo di una donna, dopo La passione di Giovanna d'Arco del 1928. Questa volta la circostanza è utilizzata per gettare luce sulla vita sociale e famigliare di un certo periodo, ed evidenziare come in una società immobile e profondamente radicata alle proprie tradizioni, soprattutto religiose, i principii prevalgano sul valore delle persone facendone scempio. Non a caso il titolo del romanzo da cui il film è stato tratto corrisponde al nome della giovane protagonista, che alla fine si arrende all'evidenza e rinuncia alla propria vita, i cui valori sono stati sacrificati sull'altare della superstizione e quindi azzerati. L'immobilità del contesto è ben rappresentata dal cortocircuito generazionale che si crea nel momento in cui il figlio di primo letto di Absalon e la sua giovane seconda moglie, fra loro coetanei, s'incontrano e s'innamorano. Il contesto espelle l'anomalia, e a pagare è il soggetto debole, ovvero la donna. La donna condannata al rogo nella prima parte del film, oltre a essere donna è ancha anziana, e impossibilitata a difendersi. La staticità dell'ambiente è anche rappresentata stilisticamente con movimenti di macchina lentissimi ("Non il montaggio è lento, ma il movimento dell'azione" Dreyer).
COSA NON MI HA CONVINTO: rispetto alla Passione e al successivo Ordet, Dies irae a me pare molto più costruito e meno coinvolgente. E' più evidente la tesi, ma meno artisticamente risolto il suo sviluppo.
Ho visto Dies irae in danese con i sottotitoli in italiano.
Questo film su Amazon.it
Dreyer su Amazon.it