COSA MI E' PIACIUTO:
capolavoro di Lev Kuleshov, che fu fra i fondatori della scuola cinematografica
sovietica attraverso il collettivo intitolato a lui e di cui facevano
parte cineasti come Eisenstein e Pudovkin, Dura lex, pur
non impermeabile alla lezione di Griffith, è un'opera che afferma
con originalità e saldezza dei principi che si riveleranno duraturi
sotto il profilo del montaggio, della scrittura, della fotografia
e della recitazione. Se il pathos non passa sempre è anche perché
le condizioni della pellicola sacrificano la bellezza dei primi piani
e della natura selvaggia del Klondyke, filtrando la percezione
dell'accostamento fra le leggi di natura e quelle degli uomini. Il
dramma è potenziato più dall'uso delle luci che dalle sottolineature
espressive degli interpreti, fra cui spicca la cangiante Aleksandra
Kholkhova. Il sapiente ricorso a simboli facilmente comprensibili
fa risparmiare un bel po' di cartelli, e sappiamo che un'eccessiva
frequenza di dialoghi scritti inevitabilmente sfilaccia il ritmo
narrativo.
COSA NON MI HA CONVINTO: tutta la parte che si snoda fra la rissa
e il disgelo è un po' lenta. Come ho già detto riferendone nel comparto
tecnico, l'utilizzazione di una colonna sonora avulsa dalla narrazione
rischia di distrarre molto lo spettatore, soprattutto perché si tratta
di musiche bellissime e ben eseguite. Ci sono diverse sequenze suggestivamente
dominate da un silenzio carico di tensione: sarebbe stato molto più
facile apprezzarle in un film parlato...
CURIOSITA': la sceneggiatura è tratta da un racconto del grande Jack
London.
Ho visto Dura lex in russo con
i sottotitoli in francese.
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