DI COSA SI TRATTA: in un sobborgo di Detroit un vecchio ex-combattente e operaio della Ford in pensione è infastidito dal vicinato multirazziale e dagli insulsi figli e nipoti. Gran Torino è il nome dell'auto del '72 che tiene gelosamente in garage e alla quale molti ambiscono, sperando in un imminente trapasso dello scontroso proprietario.
COSA MI E' PIACIUTO: come molti film di Clint Eastwood, Gran Torino ha una trama semplice e lineare, così come senza scosse è il percorso di riscatto del protagonista (da lui stesso mirabilmente interpretato), ma rimane sempre viva la curiosità per quello che sta per accadere, e ciò si deve alla capacità di narrare tenendo in sospeso lo spettatore che Eastwood ha sempre avuto. La morale, che a sua volta Kowalski (nome scelto per suggerire che anche il vecchio razzista e misantropo è di origini polacche, quindi discendente da immigrati) apprende pian piano, è che la distinzione non va fatta fra musigialli, mongoli, negri, mangiaspaghetti e irlandesi, ma semmai fra brava gente e cattiva gente. L'inizio della trasformazione avviene in modo pressoché casuale, ma alla fine arriva a tingersi di eroismo. La "soluzione" finale è davvero ingegnosa, e l'ultima inquadratura attraverso il parabrezza della Gran Torino, pudicamente breve, è un vero tocco d'artista. Oltre a Eastwood, molto brava Ahney Her, attrice statunitense di origine asiatica.
COSA NON MI HA CONVINTO: simpatico ma meno a suo agio il giovane Bee Vang. Poco carismatico Christopher Carley, il giovane prete (e anche il suo ruolo non è poi così interessante). Alcune figure di contorno, soprattutto i parenti, sono un po' troppo di routine. Un paio di dialoghi "filosofici" sembrano cadere dall'alto un po' a caso.
Ho visto Gran Torino in inglese con
i sottotitoli in italiano.
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