DI COSA SI TRATTA: nella primavera del '94 il direttore di un albergo di lusso di proprietà belga salva dal genocidio, lui Hutu, più di 1200 Tutsi, ospitandoli all'interno dell'hotel.
COSA MI E' PIACIUTO:
è una sintesi fra il tema proposto da Spielberg con Schindler's List e la cronaca degli orrori di Urla del silenzio. Come nel secondo film, anche qui viene denunciata la colpevole "disattenzione" del mondo cosiddetto civile rispetto al massacro di quasi un milione di persone, compiuto per lo più a colpi di machete in nome di una pretesa superiorità razziale (come in Schindler's List). Non v'è mai compiacimento nel mostrare la violenza, sicché il film conserva il suo diritto a essere proposto nelle scuole, per mostrare a quali estremità di barbarie può giungere l'uomo che non riconosce il suo simile al di fuori del proprio orto, ma d'altra parte a quali vette di umanità e di generosità può attingere chi nel medesimo contesto è disposto a mettere a repentaglio la propria vita in favore del prossimo. Il ritmo della narrazione è sempre serrato, e una robusta dose d'angoscia è assicurata, oltre a una bella lezione di storia su fatti che, nonostante l'inaudito abominio, forse molti non conoscono che di sfuggita. Il film è stato supportato da Amnesty International, e vanta la partecipazione di alcuni attori molto noti come Nick Nolte e Jean Reno, come anche quella del nostro Roberto Citran. Ma ad emergere di una spanna è l'anglo-nigeriana Sophie Okonedo, moglie del novello Schindler (Don Cheadle). La musica non è memorabile ma non fa danni, la fotografia è coloratissima. Regia corretta.
COSA NON MI HA CONVINTO: piccoli dettagli trascurabili, come un inopportuno ralenti nell'attentato incendiario all'hotel, o qualche sguardo abbassato del protagonista che fa pensare più a un alunno delle elementari colto in castagna più che a qualcuno che sta assistendo a un genocidio. La spiegazione storica introduttiva è condotta un po' di corsa.
Ho visto Hotel Rwanda con l'audio
originale e i sottotitoli in francese.
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