DI COSA SI TRATTA: un gruppo di operai della provincia americana, oriundi russi, festeggiano il matrimonio di uno di loro prima di partire per il Vietnam.
COSA MI E' PIACIUTO:
quando vidi il film all'epoca mi piacque molto, ma pensai che non avrei più trovato la forza di rivederlo. Ora che l'ho trovata, ho anche scoperto delle qualità che alla prima visione risultavano nascoste dal coinvolgimento nella vicenda. Il coinvolgimento non è mancato neanche adesso, e questo è già di per sé un pregio, ma in più ho potuto apprezzare il modo in cui il film è costruito. La divisione in parti è molto netta, e altrettanto ben definita è la distribuzione dei tempi, che vanno accorciandosi come una centrifuga che si sta mettendo in moto: lunghissima la prima parte, col matrimonio e la caccia, breve e intensa la seconda, in Vietnam, più distesa la terza, di nuovo a casa, ma meno della prima, rapida e lacerante come una stilettata la quarta, col ritorno in Vietnam di Michael alla ricerca dell'amico Nick, ed il finale che segue la progressione, ormai chiara. Molto suggestivo peraltro anche il modo in cui le sezioni vengono collegate, e in particolare il passaggio fra la prima sezione e la seconda: la riunione degli amici cacciatori in una taverna, con uno di loro che inaspettatamente si siede ad uno scordato pianino verticale ed esegue un Notturno di Chopin. L'immagine successiva è il bombardamento col napalm di un villaggio vietnamita: è costernante pensare che ci sia spazio nello stesso mondo per un Notturno di Chopin e per gente che stermina altra gente col napalm, soprattutto se le persone coinvolte nella seconda azione sono le stesse che ascoltano il Notturno e si commuovono. La metamorfosi si riflette anche nella battuta di un dialogo che occorre molto dopo, quando Linda chiede a Michael, più o meno, se avrebbe mai creduto un tempo che la vita sarebbe stata così. Le sequenze più terribili sono comprensibilmente quelle legate alla roulette russa, ma fra le più struggenti vi sono quelle che riguardano Steven , tornato dal Vietnam senza le gambe, e sua moglie resa muta dall'orrore. Alla fine però, dopo che il marito le ha baciato la mano, essa intona con gli altri un canto patriottico (anche se nessuno dei presenti se ne accorge). In generale, l'uso della musica è molto indovinato. Oltre agli esempi citati, da ricordare i canti corali dell'europa orientale (forse ucraini e/o georgiani) che accompagnano le scene di caccia. Meryl Streep, oltre ad essere come sempre molto brava, probabilmente non è mai stata così bella come in questo film. C. Walken ottenne l'Oscar per la sua intepretazione indubbiamente notevole, ma De Niro è quanto meno alla sua altezza (l'Oscar toccò invece a Jon Voight grazie a un ruolo analogo).
COSA NON MI HA CONVINTO: il rispetto delle proporzioni fra le parti, imponendo una dilatazione dei tempi nelle sezioni "domestiche", comporta anche qualche lungaggine. Due appunti all'edizione: uno dei cori utilizzati per le sequenze venatorie porta con sé anche i fruscii del vinile da cui è stato preso. Nel 1978 poteva essere un problema, seppur minimo, ripulire la traccia, ma nel terzo millennio proprio no. I pochi dialoghi in francese non hanno i sottotitoli italiani; in questi casi sarebbe auspicabile offrire comunque i sottotitoli, preceduti dalla dicitura "in francese". In altre due occasioni invece ho apprezzato il fatto che due calembour intraducibili siano stati trascritti così com'erano e messi fra virgolette.
CURIOSITA': la parte bellica del film è stata girata non già in Vietnam, ma in Thailandia.
Ho visto Il cacciatore in inglese
con i sottotitoli in italiano.
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