COSA MI E' PIACIUTO:
l'idea è molto originale: viene filmato uno spettacolo in cui
i ruoli - artisti, pubblico, maestranze - si mischiano di continuo.
Io ho riso tantissimo, soprattutto per i numeri di mimo di Tati (i tennisti
del 1900 sono irresistibili), ma non solo. Il genio di Tati si esprime
anche con mezzi poverissimi: si scorgono i tratti inconfondibili del
suo stile accennati qua e là con noncuranza, quasi a dichiarare:
se qualche produttore mi desse fiducia, quante cose importanti avrei
ancora da dire. Invece Parade sarà il suo ultimo lavoro,
e il progetto per un nuovo film, "Caos", che doveva proseguire
idealmente il discorso di Playtime, rimarrà sulla carta.
COSA NON MI HA CONVINTO: è evidente come la confezione del film
sia dal punto di vista tecnico alquanto approssimativa. Ci sono errori
di sincronizzazione del suono, il montaggio è un po' buttato
lì come viene, gli stacchi fra le inquadrature hanno talvolta
il tempo sbagliato, come una ripresa televisiva in diretta che ovviamente
non si può correggere, ma a parte il fatto che non si capisce
bene quanto siano involontarie queste incertezze, e quanto non siano
invece parte integrante del progetto, non c'è nulla di tutto
ciò su cui non si possa tranquillamente soprassedere. Con grande
affetto per questo immenso artista.
CURIOSITA': nella scelta del titolo, non escludo
che Tati si sia ispirato al balletto del suo quasi omonimo Satie (e
per il quale vi rimando alla pagina Altremusiche
di questo sito). Anche quella è un'opera piuttosto inconsueta,
e non mi sembra un caso che quando parlo del film a volte mi sfugge
detto "Parade di Satie", e viceversa quando mi riferisco al
balletto.
Ho visto Il circo di Tati nell'unico
modo possibile, con la traccia audio originale senza sottotitoli.
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