COSA MI E' PIACIUTO:
il film sarebbe insopportabilmente noioso se non ci fosse quel finale
a gettare su tutto l'insieme una luce inattesa e sconcertante (il mio
è un invito a non gettare la spugna prima del limite). La noia
deriva da come la storia è raccontata, non dalla fragilità
del soggetto, che è invece molto interessante. E' curioso che
la vicenda sia stata ripresa soltanto un'altra volta fino ai nostri
giorni, in un remake del '62 che a giudizio di chi l'ha visto è
da ritenersi disastroso. L'atmosfera da incubo è molto ben resa
grazie alla coesione stilistica fra le scene - tutte fatte di fondali
e piattaforme dipinti e sagomati in modo da deformare ogni cosa - la
recitazione e la scelta delle inquadrature. Molto bravo l'attore che
interpreta Franz, Friedrich Feher.
COSA NON MI HA CONVINTO: come ho già detto, la narrazione è
come impantanata per i 9/10 del film, e i troppi cartelli riportano
ogni volta al suolo un'affinità emotiva che così non decolla
mai, salvo poi impennarsi inaspettatamente proprio alla fine. Verso
il minuto 46, quando Cesare fugge, si vede chiaramente il telo che dovrebbe
simulare un sentiero nel bosco sollevarsi sotto i suoi piedi. Possibile
che non se ne sia accorto nessuno? In sintesi, questo film è
quasi coevo rispetto al Monello di Chaplin, e il confronto è
impietoso. Il film di Chaplin è il cinema com'è ancora
oggi, quello di Wiene è poco più di un esperimento.
CURIOSITA': la svolta finale, che a mio avviso
è ciò che salva questo film dalla reclusione perpetua
in un museo come mero "manifesto cinematografico dell'espressionismo",
fu imposta dal produttore. Gli autori non volevano accettare la modifica,
perché secondo loro alterava lo spirito originario dell'opera.
Ho visto Il gabinetto del dottor Caligari
nella versione sottotitolata in francese.
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