COSA MI E' PIACIUTO:
rispetto all'Hawks de "Il grande sonno", Altman non si mette
in testa di risultare piacevole a tutti i costi, ma in fin dei conti
diverte perché è lui il primo a divertirsi. All'inizio
ci si chiede se non
è un po' troppo spendere 10' di film per far capire che tipo è Marlowe,
facendogli prendere la macchina alle tre del mattino per andare a
comprare in un supermercato il cibo in scatola preferito dal suo
gatto (e neanche lo trova), ma ci si rende presto conto come in questa
introduzione sia abilmente incorporato l'avvio della storia,
che contiene in nuce tutto il suo sviluppo successivo. Le scene di
violenza sono giocose, ed il finale, che è diverso rispetto
al romanzo originale di Chandler da cui è tratta l'ottima
sceneggiatura, riassume allegramente lo spirito di tutto il film
(non ci si aspetti una festa con la torta e i coriandoli, questo è un
giallo, ed è Marlowe che indaga, non
Topolino), chiudendo con mossa da campione tutti i conti in sospeso.
I pregi della già lodata sceneggiatura (Leigh Brackett), oltre
che in una trama complessa ma non astrusa, risiedono in una bella
definizione dei personaggi e nella brillantezza dei dialoghi. Eccellenti
gli attori. La fotografia rifugge ogni esibizionismo e anche qualsiasi
aiuto alla creazione di un clima: l'unico autentico momento di ricerca
della bella immagine è quello della discussione fra marito
e moglie con il riflesso di Marlowe sulla vetrata (terzo fotogramma
di questa pagina).
COSA NON MI HA CONVINTO: è cinema inteso come spettacolo, senza secondi
fini. Leggero, dunque, ma se lo spettacolo è così ben fatto, evviva
la leggerezza (magari alternata a qualcos'altro, ma a questo provvederò
io nella scelta del prossimo film da vedere).
Ho visto Il lungo addio in
inglese con i sottotitoli in italiano.
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