COSA MI E' PIACIUTO:
la semplicità, e l'asciuttezza dello stile; la fotografia; la
naturalezza dei dialoghi e la bravura degli attori (e del regista, ovviamente)
nell'impedire che questa naturalezza sbiadisca nella banalità.
Quando si trattano temi centrali come la vita e la morte, si può
essere sublimi, o ridicoli. Kiarostami non è sublime, perché
non vuole esserlo, ed è ben lontano dallo scivolare nel ridicolo,
perché è un artista sincero.
COSA NON MI HA CONVINTO: il finale, se così vogliamo chiamarlo,
mi ha irritato non poco. Se fossi stato in una disposizione d'animo
più indulgente, l'avrei paragonato a quelle situazioni in cui,
nel dormiveglia, si rinuncia a dare un finale a una storia che si sta
sognando perché nel subconscio ci si giudica disonesti nel continuare
a manipolare una realtà che esiste solo nella nostra immaginazione.
Spero di trovarmi in questa disposizione la prossima volta che vedrò
il film. Io adoro le storie, film o romanzi che siano, che mi richiedono
uno sforzo di interpretazione, ma qui il discorso è diverso,
e non vado oltre per non rompere le uova nel paniere di chi non ha mai
visto il film.
UNA CURIOSITA': quando il protagonista dà
il passaggio in macchina al giovane militare, questi dice che la caserma
si trova ad un chilometro di distanza. L'auto, a giudicare dalle apparenze,
viaggia a una velocità non inferiore ai 50 km/h, e dopo quasi
5 minuti la caserma è ancora lontana. Com'è possibile?
Va bene che quando si parla di vita e di morte non si dovrebbe far caso
a queste sciocchezze... però ci si fa caso lo stesso. O è
colpa del traduttore, e il chilometro non era un chilometro?
Ho visto Il sapore della ciliegia in
farsi con i sottotitoli in italiano.
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