COSA MI E' PIACIUTO:
la fotografia in bianco e nero parte con un significativo vantaggio
sul colore: la realtà è a colori, nessuno vede in bianco
e nero, e quindi il realismo lascia posto ad una trasfigurazione che
si muove nel campo dell'immaginazione. E' anche molto più facile
stupire con le luci, in bianco e nero. Con tutta questa inutile premessa,
volevo introdurre l'elogio alla bellezza figurativa di questo film,
cui concorrono in misura apprezzabile il volto di Alida Valli e la magia
di una Vienna ferita dai bombardamenti. Ma non è solo questione
di bellezza. C'è una tecnica di ripresa che insiste sulle geometrie
insolite, non tanto, o non solo, con l'uso del grandangolare, ma ricorrendo
costantemente all'inclinazione della cinepresa, e ottenendo così,
fisicamente, un allargamento dello spazio in diagonale, psicologicamente,
un senso di instabilità. L'ultima, celebre sequenza, che il produttore
decise di tagliare nella versione americana (ma si può?), è,
per contrasto, perfettamente ortogonale. Bei personaggi, bravissimi
gli interpreti, affascinante il commento musicale affidato alla cetra
di Anton Karas. Il "Tema di Harry Line" è diventato
famoso almeno quanto la battuta di Orson Welles sugli svizzeri. L'improvvisa
apparizione di Welles, annunciata dal micino, procura una scossa.
COSA NON MI HA CONVINTO: nelle visioni ulteriori si perde un po' del
fascino del mistero, e si sa già come andrà a finire il
rocambolesco inseguimento finale, ma d'altra parte ci si può
applicare meglio all'ammirazione per la prodigiosa riuscita tecnica
del film, e verso l'inebriante bellezza di Alida Valli, amplificata
dal suo talento di attrice.
Ho visto Il terzo uomo in inglese con
i sottotitoli in italiano.
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