COSA MI E' PIACIUTO:
Il volto è una miniera di spunti di riflessione, disseminata
di indizi ma scevra di spiegazioni. Tocca a noi lavorarci sopra. La
traccia più evidente che Bergman delinea è ai miei occhi
la rappresentazione di sé stesso come artista, il suo rapporto
con il pubblico, con la critica, e con le persone che, per la posizione
che occupano, possono decretare il successo o l'insuccesso, in maniera
quindi spesso indipendente dalle qualità e dai valori espressi.
La maggior parte di noi cerca qualcosa al di là dell'apparenza
concreta, chi nel divino, chi nella semplice illusione che può
essere rappresentata anche dal cinema. Bergman è il sommo illusionista
che ha sempre dichiarato di non voler rappresentare la realtà,
perché non è questo il compito del cinema, e in questo
film è il dottor Vogler (von Sydow). Gli contrappone il dottor
Vergerus (Björnstrand) che pretende di razionalizzare tutto. Meravigliosi
tutti gli attori, quasi tutti fedelissimi di Bergman. Ingrid Thulin,
che ad ogni nuovo film con Bergman sapeva cambiarsi d'anima, qui è
due personaggi insieme, uomo e donna contemporaneamente. Come sempre
affascinante la fotografia, sobrie ma suggestive le musiche di Erik
Nordgren.
COSA NON MI HA CONVINTO: ciò che intrinsecamente rappresenta
un punto di forza del film, ovvero la ricchezza di contenuti e la relativa
molteplicità delle interpretazioni possibili, può essere
considerato un suo limite dal punto di vista della fruizione, in quanto
impone, più che suggerire, ulteriori visioni al fine di impadronirsi
di un'idea generale di tutta la costruzione.
CURIOSITA': Premio della Giuria a Venezia nell'anno
in cui vinsero, ex-aequo, La grande
guerra e Il generale Della Rovere. Nella scena sulle
scale, Max von Sydow assomiglia improvvisamente e inaspettatamente a
Stefano Accorsi.
Ho visto Il volto in svedese con i sottotitoli in italiano.
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