DI COSA SI TRATTA: un uomo, marito e padre felice, uccide una donna in un appartamento di Parigi. E' la moglie del suo migliore amico.
COSA MI E' PIACIUTO:
la progressione inesorabile dalla iniziale calma olimpica dell'omicida all'inquietudine insostenibile, accresciuta dal perdono di tutti e quindi dall'impossibilità di espiare la colpa. Inizialmente sembrerebbe un classico poliziesco del tipo B (il tipo A è caratterizzato dall'ignoranza dello spettatore su chi sia il colpevole, il tipo B è lo schema tipico dei telefilm del Tenente Colombo), e invece poco alla volta si comprende come la conoscenza dell'accaduto serva al narratore per delineare il percorso interiore del protagonista e di coloro che gli stanno accanto. Chabrol padroneggia ogni ingrediente in modo accuratissimo, dalla musica (bella colonna sonora di Pierre Jansen contenente citazioni bachiane, la Passione secondo Matteo) agli arredi
(l'amico dell'omicida, dunque il vedovo, è architetto, e gli ha arredato la casa secondo uno stile moderno che richiama alla mente alcuni film di Godard, o il Tati di Mon oncle e Play Time), dai dialoghi perfetti alla fotografia. Recitazione sobria ma molto convincente da parte di tutti gli attori, con un plauso particolare a Stéphane Audran.
COSA NON MI HA CONVINTO: il raffreddamento della materia, marchio di fabbrica di Chabrol, può distrarre dalla compartecipazione emotiva e intellettuale.
CURIOSITA': nessuno dei maggiori dizionari dei film in lingua italiana cita questo film. Eppure se ne conosce il titolo in italiano, quindi a suo tempo dovrebbe essere uscito dalle nostre parti. La traduzione del titolo, peraltro, come spesso accade, è meno attinente dell'originale allo spirito del film.
Ho visto Sul far della notte in francese con sottotitoli in inglese (resi talora necessari dalla precaria qualità acustica della ripresa dei dialoghi).
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