DI COSA SI TRATTA: una bimba e i suoi genitori stanno viaggiando in auto verso la loro nuova casa. Si perdono, e capitano davanti a una strana costruzione. E' la porta della città incantata.
COSA MI E' PIACIUTO:
il lungometraggio più noto del grande maestro giapponese del cinema di animazione è anzitutto un'opera di altissima poesia. Dietro la trama fiabesca, con tutti i suoi incantesimi e le magiche trasformazioni, si nasconde un nudo ritratto della natura umana nelle sue manifestazioni più elementari. Chihiro è una bambina che con la forza della sobrietà redime un mondo divorato dalla propria ingordigia. L'amore vince il profitto. I momenti più nobili si nascondono anche nelle fasi di transizione (il film dura più di due ore), come il viaggio su un treno popolato di fantasmi che si muove sul pelo dell'acqua di una palude smisurata. L'animazione è ridotta all'osso, ma le scenografie sono sgargianti e traboccanti di idee allo stato puro. Ci si commuove e alla fine ci si chiede se si è più fanciulli animati dall'amore per il prossimo o maiali attratti dal cibo in quantità illimitata, mentre la bambina che ritrova i suoi genitori e abbandona la città incantata si domanda se la vita normale non sia potenzialmente anche più minacciosa di quel coacervo di mostri, non tutti così cattivi come sembrano, che si è appena lasciata alle spalle.
COSA NON MI HA CONVINTO: -
Ho visto La città incantata in giapponese con i sottotitoli in italiano.
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