COSA MI E' PIACIUTO:
non so quanto conti l'onnipresenza della neve, che rende tutto più
allegro, e perfino la morte più soave, ma questo è in
fin dei conti un film profondamento tragico eppure lieto, crudele ma
tenero. E' anche un film di 69 minuti (senza i cartelli) perfettamente
coeso, a conferma che Chaplin sapeva bene come confezionare un lungometraggio
senza dover allungare il brodo, impresa che senza i dialoghi risultava
tutt'altro che facile. Qui non c'è una sola sequenza che duri
un secondo di troppo: neppure lo spettatore più impaziente avrebbe
di che lamentarsi. Il film è ben noto a tutti, e quindi è
inutile che mi dilunghi nel celebrare le sequenze più famose.
La fusione dell'elemento comico e di quello drammatico, assolutamente
perfetta, fu probabilmente stimolata dalle reazioni al precedente lungometraggio
di Chaplin, La donna di Parigi,
nel quale non compariva come attore, e dove la componente umoristica
era solo uno dei tanti ingredienti di una storia sostanzialmente tragica.
COSA NON MI HA CONVINTO: il fatto che non venga mai citata l'effettiva
provenienza della maggior parte del materiale tematico con il quale
Chaplin ha composto la colonna sonora. Si tratta della Romanza in fa
maggiore op.118 n.5 di Johannes Brahms:
il tema principale e quello dell'intermezzo vengono sempre tenuti lontani
l'uno dall'altro, ma è ugualmente troppo facile scoprirli.
Ho visto La febbre dell'oro in lingua originale con
i sottotitoli in italiano.
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