COSA MI E' PIACIUTO:
la forza delle immagini, la cui bellezza risalta nei momenti di quiete
come nelle scene più terribili. Ma siccome in arte la bellezza
senz'anima non esiste, qui, dietro ad ogni singola inquadratura c'è
un'idea. Non credo che se si chiedesse a Bergman perché per una
certa ripresa ha scelto proprio quell'inquadratura, lui risponderebbe
"Perché mi piaceva così". Perciò quando
il padre (von Sydow) s'inginocchia e chiede a Dio perché ha permesso
tutto ciò che era accaduto, e la macchina da presa lo inquadra
costantemente di spalle, non è per un capriccio (sul significato
di questa scelta ciascuno può avere la propria idea). Alla spiritualità
viene contrapposta una vivissima concretezza, non necessariamente simbolica,
come vediamo in altri film di Bergman, o comunque non sempre tale. E
proprio per questa comcretezza io preferisco questo film al ben più
celebrato Il settimo sigillo,
che affronta tematiche molto simili in termini più vaghi.
La fulgida fotografia in bianco e nero del fido Nyqvist conta parecchio.
Il finale, che spiega il titolo, è bellissimo e commovente.
COSA NON MI HA CONVINTO: nulla da dire, a meno che il fatto che sia
stato premiato con l'Oscar non debba farmi sospettare che mi è
sfuggito qualcosa.
CURIOSITA': la stessa storia è stata trasposta
dal Medioevo ai nostri giorni in un film di Aldo Lado del '75 intitolato
"L'ultimo treno della notte" (con E.M. Salerno e Flavio Bucci).
Questo l'ho visto. Lado era stato preceduto da Wes Craven che nel '72
aveva fatto "L'ultima casa a sinistra". E questo non l'ho
visto. Quando un regista decide di andare in cerca di grane, ecco che
rifà un classico...
Ho visto La fontana della vergine in svedese con i
sottotitoli in italiano.
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