DI COSA SI TRATTA: in un paesino del Polesine arriva una nuova maestra. Fra i primi ad accorgersene è Giovanni, un diciottenne che aspira a diventare giornalista.
COSA MI E' PIACIUTO: la "giusta distanza" è quella che il giornalista deve tenere rispetto agli eventi e alle persone, perché non sia troppo coinvolto né al tempo stesso troppo distante. Ma è anche quella che Mazzacurati mantiene rispetto all'ambiente che, pur conoscendolo benissimo, descrive con il minimo distacco necessario a legittimare la veridicità del quadro. A ben dipingere questo quadro contribuisono la sceneggiatura accurata, la fotografia di Luca Bigazzi, i giovani attori protagonisti (per Valentina Lodovini è stato l'inizio di un'ottima carriera), ma anche i più affermati interpreti di contorno, in particolare Fabrizio Bentivoglio giornalista esperto, scafato ma bonario, e Natalino Balasso, che tutto sommato interpreta sé stesso (chi lo segue quotidianamente su Facebook, oltre che nella sua intensa attività teatrale, saprà cosa intendo). L'ingrediente giallo (e non penso allo zafferano) non è buttato lì come pretesto per poter esibire l'affresco sociale, ma funziona di per sé. Apprezzabile anche il comparto musicale.
COSA NON MI HA CONVINTO: due sequenze a mio avviso funzionano poco: le scene di ordinaria vita familiare di apertura, e soprattutto il dialogo fra l'avvocato di Hassan e Giovanni sulle scale del palazzo del tribunale.
Ho visto La giusta distanza in italiano con i sottotitoli, incorporati, per i dialoghi in arabo.
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