COSA MI E' PIACIUTO:
è uno di quei film che restano nella nostra memoria come una
parte reale della nostra vita, e poco importa che la vicenda si svolga
negli anni della Grande Guerra, e che il film sia stato girato nel 1937.
I valori che esprime non sono legati ad alcun tempo né ad alcun
luogo. Sembra, osservando qualsiasi sequenza, che nessuno venga diretto
da qualcun altro, ma che tutti siano i responsabili di una regia collettiva.
Ogni scena reca, nella sua naturalezza, un senso profondo, e lo estrinseca
senza la necessità di sottolineare nulla. Le "scene madri"
così spuntano da questo humus ricco e fecondo come se si fossero
fatte da sé. C'è una sequenza in particolare che racchiude
tutti gli aspetti dell'umanesimo di questo capolavoro: alcuni prigionieri
si travestono da donne per uno spettacolo. Quando il primo di questi
appare al cospetto degli altri, si fa un silenzio di tomba. Poi inizia
lo spettacolo, non solo rappresentazione di qualcosa che doveva sembrare
divertente in quel contesto, ma che è di fatto divertente anche
per lo spettatore del film, e all'improvviso si fa strada la notizia
di una vittoria militare dei francesi. I soldati in abiti femminili
e tutti gli altri cantano la Marsigliese. Il portentoso Jean Gabin mi
fa morire dal ridere con la storia del catasto. Chiede al suo compagno
di prigionia che gli sta lavando i piedi (lui ha un braccio al collo
e deve farsi aiutare) che mestiere faceva nella vita civile. Questi
lavora al catasto. Poi la conversazione prende altre strade. Dopo un
bel po', primo piano su Gabin, che si protende verso l'interlocutore
e chiede gentilmente se può porre una domanda, quindi assume
un'aria fra l'ironico e il satanico e chiede con voce aspra: "Ma,
che cos'è questo catasto?" In francese è "cadastre",
e il suono acuisce la comicità. Più tardi ripete lo stesso
numero con l'altro commilitone che si dedica alla traduzione dei lirici
greci, chiedendogli "Non te l'ho mai chiesto perché in fondo
non me ne importa nulla, ma... che cos'è questo tuo Pindaro?".
Momenti di alta commozione: l'estremo omaggio del comandante della fortezza
(Stroheim col busto, figura indimenticabile) al prigioniero che lui
stesso ha ferito a morte, il litigio subito ricomposto fra i due fuggiaschi,
il breve incontro fra Maréchal (Gabin) e la vedova tedesca (Dita
Parlo, la sposa de L'Atalante). Nobilissimo il commento musicale.
COSA NON MI HA CONVINTO: -
CURIOSITA': Dita Parlo era molto famosa all'epoca
anche da noi. Mio padre mi ha raccontato che un suo amico si interessava
solo alle ragazze che si pettinavano "alla Dita Parlo".
Ho visto La grande illusione in francese
con i sottotitoli in spagnolo.
Questo film su Amazon.it
Jean Renoir su Amazon.it