COSA MI E' PIACIUTO:
c'è una costante ricerca della bella immagine e del bel suono,
e il tentativo quasi sempre riuscito di fondere queste due risorse in
funzione se non narrativa, quantomeno dello spettacolo. Colpiscono l'accostamento
insolito di colori in ambienti poco illuminati, e la cattura di una
Parigi assai poco conosciuta e senza tempo: sembra che la storia si
svolga contemporaneamente in epoche diverse. I brani musicali sono tratti
quasi interamente da alcune delle più note composizioni strumentali
di Stravinsky: la scelta dei tempi della loro utilizzazione conferma
la grande sensibilità musicale di Olmi.
COSA NON MI HA CONVINTO: debbo ammettere che le opere di Joseph Roth,
da un racconto del quale è tratto questo film, non mi attirano
granché. Il poco che ho letto di Roth, consigliatomi da amici,
mi ha sempre lasciato indifferente. In certi momenti a me è parso
quasi che Olmi avesse scommesso con sé stesso che sarebbe riuscito
a trarre da un libro di una sessantina di pagine un film che durasse
almeno due ore. Non direi che il ritmo sia lento e che avrebbe potuto
essere più agile, ma piuttosto che vi sia una programmatica assenza
di ritmo, come una lunga nota tenuta dall'inizio alla fine alla quale
fanno da contrappunto brevi variazioni su un medesimo tema.
CURIOSITA': La leggenda del santo bevitore
ha vinto il Leone d'Oro nel 1988 e il David di Donatello l'anno
successivo.
Ho visto La leggenda del santo bevitore in
lingua originale (inglese e francese, le lingue nelle quali recitano
realmente gli attori) con i sottotitoli in italiano, a volte riduttivi,
a volte ridondanti, ma nel complesso soddisfacenti.
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