DI COSA SI TRATTA: una coppia felice in Francia ai nostri giorni. Lui muore, o almeno così dichiara il medico, ma immediatamente dopo resuscita.
COSA MI E' PIACIUTO:
mentre i temi, efficacemente riassunti dal titolo, sono consueti nel cinema d'arte, altrettanto non si può dire della forma. Il discorso è affidato ai dialoghi, straordinariamente taglienti e suggestivi, mentre le immagini sono considerate alla stregua di vetrate di una chiesa. Ognuna mette in luce un aspetto morale e filosofico della questione, e fra una e l'altra abbiamo uno stacco nero o blu scuro percorso quasi sempre da fiocchi di neve. Chi li ha contati dice che sono 51. Ognuno di questi quadri è caratterizzato soprattutto attraverso la luce e i colori. La sequenza non trascura di raccontare una storia ben precisa e temporalmente lineare. L'aspra musica di Henze accompagna unicamente gli stacchi con la neve, mentre in una delle scene si ascolta soltanto il motivo inquietante che il resuscitato "cerca" al pianoforte nel tentativo di ricordare ciò che aveva udito nell'aldilà. Tema ricorrente è la non univocità dell'amore, vista nell'ottica del teologo e in quella del laico; ma si parla molto anche delle varie facce della morte. Quattro attori strepitosi, più Jean Dasté (lo sposo de L'Atalante). Un film che non esaurisce il suo compito sui titoli di coda, ma che obbliga a meditare sui fondamenti della nostra esistenza.
COSA NON MI HA CONVINTO: -
Ho visto L'amour à mort in
francese con sottotitoli in italiano.
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