DI COSA SI TRATTA: Lancelot du Lac torna da Re Artù senza il Sacro Graal, ma con l'immutata intenzione di sottrargli la moglie Ginevra.
COSA MI E' PIACIUTO:
Bresson attua una costante esemplificazione per immagini della figura della sineddoche, ovvero la parte per il tutto, che va oltre la più facile ellissi (far capire qualcosa senza mostrarlo, ma mostrando qualcos'altro). Così vediamo le gambe dei cavalieri, le zampe dei cavalli, la schiena nuda della regina che fa il bagno specchiandosi il viso (così sappiamo anche noi che si tratta di Ginevra senza che riveli troppo di sé), le lance impugnate dai partecipanti al torneo, il sangue che zampilla dai morti. E' una variazione del consueto simbolismo di Bresson, che consiste nel mostrare in primo piano oggetti che hanno un signifcato ben preciso. C'è poi una costante esagerazione dei rumori banali, soprattutto delle armature, per ridicolizzare la presunta sacralità dei cavalieri.
COSA NON MI HA CONVINTO: la recitazione volutamente inespressiva, associata a un testo pericolosamente tendente verso il teatro, produce più che altro un profondo fastidio. A me sembra un'opera sterile, vana, inutilmente severa, che narra una vicenda già nota con uno stile che non le dona alcun nuovo motivo d'interesse. Gli attori, poi, sembrano essere stati scelti per il loro aspetto di persone qualsiasi, che sono condannate a non poter riscattare a causa dell'intonazione da "bollettino per i naviganti" che il regista impone loro.
Ho visto Lancillotto e Ginevra
in francese con i sottotitoli in italiano, che sembrano essere una trascrizione fedele della versione italiana dei dialoghi, con le consuete arbitrarie e immotivate variazioni rispetto al testo originale che finiscono per piallare ogni sottigliezza.
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