COSA MI E' PIACIUTO:
come in quel gioco in cui bisogna passare da una parola ad un'altra
cambiando una lettera per ogni passaggio, il compito "tecnico"
di questo dramma da camera è quello di ribaltare gradualmente
la situazione iniziale senza forzature nè colpi di scena: dei
dodici giurati che devono decidere le sorti di un giovane accusato di
parricidio e quindi, dopo un processo a senso unico, destinato alla
sedia elettrica, uno solo (Henry Fonda) sostiene l'innocenza. Poco alla
volta... Nei 90' che si svolgono nella camera di consiglio, dei 93'
complessivi, Lumet trova modo, senza ricorrere a forzature, non solo
di illustrare chiaramente il concetto del "ragionevole dubbio",
ma anche di mettere in luce la personalità dei singoli giurati,
in alcuni casi con pochi tratti essenziali. Eccellenti interpretazioni
da parte di tutti, non solo di Henry Fonda, che partecipò alla
produzione.
COSA NON MI HA CONVINTO: non un cenno alla discussione delle regole
con le quali si gioca. C'è in ballo la vita di un ragazzo, non
perché lo stiano operando d'urgenza, ma perché il codice
penale prevedeva all'epoca del film, e la prevede ancora in diversi
stati degli Usa, la pena di morte.
Ho visto La parola ai giurati in inglese
con i sottotitoli in italiano.
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