DI COSA SI TRATTA: regista in crisi d'ispirazione è obbligato, per una serie di curiose circostanze, a dirigere la sacra rappresentazione della Passione di Cristo in un paesino della Toscana.
COSA MI E' PIACIUTO: la "passione" secondo Carlo Mazzacurati non è solo la rappresentazione in costume tenuta dai cittadini di un borgo toscano, ma è anche quella che si mette nel proprio lavoro, per puro amor di riuscita. Partendo da uno spunto perfino abusato, Mazzacurati approda ad un risultato inconsueto; mescola umorismo e poesia sbagliando raramente le dosi e i modi. Si avvale di un'eccellente compagnia di attori, fra i quali mi sento di segnalare Battiston, ladro animato da buoni sentimenti, Guzzanti, nel suo ennesimo personaggio fuori da ogni norma, e Maria Paiato, esilarante affittacamere di origini teutoniche. C'è una garbata presa in giro delle moderne tecnologie, soprattutto riguardo all'uso dei telefoni cellulari. Riflettevo sul fatto che attraverso i telefoni sarebbe possibile datare con esattezza l'ambientazione cronologica di qualsiasi film, e che ogni epoca ha le sue magagne: nel terzo millennio "non c'è campo", o c'è solo su una terrazza in cima al paese, contesa da tutto l'abitato; alla fine degli anni '60 in molti posti non c'era la teleselezione, e spesso la "signorina" del centralino non riusciva a passare la linea desiderata dall'utente. Rimarchevoli la fotografia (il solito ottimo Bigazzi) e le musiche (il solito ottimo Crivelli).
COSA NON MI HA CONVINTO: l'idea iniziale dell'autore in crisi d'ispirazione, tutt'altro che originale, lascia sempre il sospetto che chi la sfrutta stia parlando di qualcosa che conosce bene. E nello sviluppo di questo film il sospetto fa talvolta capolino in alcune sequenze che bordeggiano il macchiettismo. Ma la macchina riprende sempre felicemente la carreggiata.
Ho visto La passione in italiano.
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