DI COSA SI TRATTA: nell'Italia centrale ai tempi delle Crociate, un cavaliere sgangherato e la sua banda vanno alla conquista di un feudo, passando un sacco di guai
COSA MI E' PIACIUTO: oltre al mattatore per eccellenza, un Vittorio Gassman all'apice della forma fisica e artistica (dal quale, invero, non è mai più disceso), l'altro protagonista è il linguaggio: un'invenzione che unisce lo stile della letteratura cavalleresca medievale, un improbabile tardo latino e alcuni dialetti quali li conosciamo oggi. Age e Scarpelli replicheranno l'esperimento due anni più tardi con rinnovato successo in Straziami ma di baci saziami, là inventandosi una parlata attinta dal linguaggio del fotoromanzo sentimentale. Lo spirito delle gag è invece quasi pre-fantozziano, secondo il principio che se qualcosa può andar male, lo farà, anche se il destino è clemente con questi stupidotti animati da un fiero e sincero spirito cavalleresco. Geniale anche il personaggio di Volontè, una retroproiezione nel tempo della figura di un figlio di papà neghittoso dell'epoca in cui è stato girato il film. Deliziose le figure femminili, tra cui spicca una ventenne Catherine Spaak, all'epoca già notissima al pubblico italiano, che delinea il suo personaggio con garbo e ironia. La medesima ironia che ha ispirato Monicelli nello scegliere Barbara Steele, una specialista dell'horror, per il ruolo della affascinante e tenebrosa sadomasochista; uno dei motivi per cui il povero Brancaleone da Norcia va sempre in bianco: alla fine persino il suo cavallo trova l'amore. Le scene di combattimento, ancorché parodistiche, sono estremamente convincenti. Mirabile la fotografia di Carlo Di Palma, belli i luoghi prescelti: si riconoscono facilmente, fra gli altri, i borghi di Vitorchiano (le scale a vista), Civita di Bagnoregio, Calcata Vecchia e Fabrica di Roma.
COSA NON MI HA CONVINTO: all'inizio c'è qualche problema di sincronizzazione, e in una delle ultime sequenze è tutto fuori fuoco.
Ho visto L'armata Brancaleone in
italiano.