COSA MI E' PIACIUTO:
i dieci minuti scarsi del numero di danza, con l'ammaliante ballerina
Roshan Kumari, si mangiano in insalata tutta quanta la storia del musical
americano. La musica in tutto il film è stupenda. Ray, regista
ma anche sceneggiatore, riesce senza dover offrire troppe spiegazioni,
e con pochissimi dialoghi, a dipingere con mano ispirata il quadro di
un passaggio generazionale nella società indiana degli anni 20,
con la nuova borghesia che prende il posto di una nobiltà fatta
di proprietari terrieri neghittosi, che si distruggono con le proprie
mani, è vero, ma che coltivavano un'autentica passione per l'arte,
per il bello. Un esercizio che nelle mani della nuova classe emergente
diventa null'altro che un pretesto di ostentazione della propria ricchezza.
Ray comunque non giudica né gli uni né gli altri, ma lascia
a noi l'opportunità di valutare i comportamenti dei suoi personaggi.
Grande interpretazione di Chhabi Riswas, ammirevole per sobrietà,
e peraltro molto ben contornato.
COSA NON MI HA CONVINTO: il ritmo è dilatato in misura a tratti
esasperante. La scena in cui viene riaperta la sala di musica sembra
durare ore, con quei movimenti di macchina che sembrano eseguiti materialmente
da un bradipo. La sequenza finale dal punto di vista della realizzazione
tecnica non è felicissima. Peccato, proprio il finale...
Ho visto La sala di musica nella versione
originale con i sottotitoli in francese.
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