COSA MI E' PIACIUTO:
l'arte cinematografica dichiara la propria emancipazione dalle altre
forme visivo-rappresentative, brandendo l'arma esclusiva del montaggio,
che costituisce la principale differenza fra cinema e teatro. Il
montaggio è adoperato in senso progressivo, con la successione
di immagini, in tutte le versioni possibili e immaginabili (o non
ancora immaginate da altri prima di Vertov, e mi si perdoni l'uso
ambivalente e ripetuto del termine "immagine", ma è proprio questo
il procedimento che usa Vertov: colui che immagina costruisce l'immagine
ed é incluso nell'immagine nell'atto di costruirla e di condividerla
con lo spettatore, che a sua volta entra nell'immagine). Ma
è anche concepito come un mosaico, prendendo quindi a prestito una
tecnica figurativa statica, con sovrapposizioni e accostamenti di
scene diverse. Considerando semplicemente il materiale figurativo,
si può vedere anche come attraente successione di fotografie in movimento:
il fotografo dà l'impressione di scattare improvvisando, ma in realtà
l'organizzazione dell'inquadratura è complessa e geometricamente
molto studiata. La città teatro del film è Odessa, ma potrebbe essere
qualunque altra città moderna (secondo l'occhio di allora). Il fenomeno
privilegiato da Vertov è quasi sempre il movimento: mezzi di trasporto
(tram, treni, autovetture), macchine in azione scrutate nei loro
intimi meccanismi, mani che lavorano febbrilmente, ma anche la dinamica
della vita dell'uomo: in montaggio alternato vengono mostrati un
funerale e un parto, inframmezzati da un matrimonio. Film che non
si può catalogare altrimenti che come "sperimentale", perché tenta
una strada nuova ma rimarrà sostanzialmente inimitato, quantomeno
come film integralmente costruito in questo modo.
COSA NON MI HA CONVINTO: diventa un po' ripetitivo nel finale,
nell'appena accennato tentativo di dare all'opera una forma ciclica,
ma non è mai noioso.
CURIOSITA': il cineoperatore ripreso al lavoro, Mikhail Kaufman, è il
fratello di Vertov (da ciò si intuisce che Vertov era un nome d'arte,
ricavato dal verbo "girare")
Ho visto L'uomo con la macchina da presa senza parlato, perché
è un film muto, e senza didascalie, perché non ci sono.
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