COSA MI E' PIACIUTO:
un film sul mito della bellezza che si esprime attraverso la bellezza:
bellezza degli ambienti, delle luci, dei colori, delle musiche, dei
volti, dei vestiti, e sottolineata dal suo opposto che la minaccia:
il colera, il cantastorie sdentato, il vecchio turista orribilmente
truccato all'inizio del film, la sabbia bagnata che rovina la perfezione
del corpo adolescenziale di Tadzio, e soprattutto la vecchiaia incombente
e la sterilità creativa del protagonista. E naturalmente Venezia,
la più sublime e insieme la più precaria di tutte le città
del mondo. Il gusto per il dettaglio, per l'esattezza dell'inquadratura
è qui così accentuato che se Visconti non ci offrisse
tempi opportunamente comodi finiremmo per perdere irrimediabilmente
il filo emotivo del racconto, ma sono proprio quei lentissimi movimenti
di macchina a fare in modo che ogni particolare contribuisca a vivificare
la scena rappresentata. Visconti ha scelto gli unici due brani di Mahler
che mi piacciano davvero (dalla Terza e dalla Quinta Sinfonia). Le scene
sulla spiaggia fanno pensare di volta in volta ai macchiaioli toscani
e agli impressionisti francesi. Grandissima interpretazione di Dirk
Bogarde (inglese di origini olandesi), e bravissimi, pur nell'angusto
àmbito dei loro ruoli, Romolo Valli, attore versatile e uomo
coltissimo, e Silvana Mangano, sempre a suo agio in ruoli fra loro diversissimi.
COSA NON MI HA CONVINTO: ci sono due scene a mio avviso deboli, e fra
l'altro sono pressoché consecutive: alludo all'incursione del
cantastorie nell'hotel (sequenza troppo lunga) e alle spiegazioni sulla
minaccia del colera offerte con fastidiosa affettazione e in un inglese
inspiegabilmente perfetto dal tipo che il professore incontra quando
va a cambiare i soldi. L'attore che impersona l'amico di Gustav fa pensare
a un personaggio che vive nel 1971, e non nel 1911 dove si trovano tutti
gli altri.
Ho visto Morte a Venezia in inglese con
i sottotitoli in italiano.
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