DI COSA SI TRATTA: alla fine degli anni '40 a Sarajevo un padre di famiglia, a causa di un commento su una vignetta di argomento politico vista di sfuggita su un giornale, viene deportato in un campo di lavoro. Una storia della Yugoslavia all'indomani del distacco da Mosca vista con gli occhi di un bambino (il figlio minore dell'uomo).
COSA MI E' PIACIUTO:
comunico qui impressioni talmente ovvie ed evidenti che non mi preoccupo di ripetere le osservazioni proposte da Kusturica nell'intervista contenuta nel dvd. Posto che il regista bosniaco tende a fare, intenzionalmente, sempre lo stesso film, questo suo secondo lungometraggio è legato molto più dei lavori successivi alla tradizione cinematografica europea. Forse è eccessivo accostarlo al neorealismo, perché il fiabesco è sempre in agguato, ma comunque il filo della narrazione compie un percorso molto lineare e definito. Il gusto per la carnevalata è a stento tenuto a freno, ma in effetti le uscite dall'alveo narrativo sono pressoché inesistenti, e l'umorismo corre sullo stesso binario di tutto il resto. Kusturica parla della Yugoslavia di un ben preciso periodo storico (l'ambito temporale è delineato dalle radiocronache delle partite della nazionale yugoslava di calcio, e si va dal 1949 al 1952) ma lascia abbastanza spazio allo spettatore affinché possa creare associazioni più ampie. La musica, anche nell'era pre-Bregovic, è già molto importante per Kusturica, che se ne serve per caratterizzare meglio le sequenze e per suggerire collegamenti. Bravissimi gli attori: il piccolo De Bertolli (ammesso che il nome sia questo, perché l'ho visto scritto in molti modi differenti) è perfetto nella sua infantitudine, sicché non stupisce che non figuri in seguito in nessun altro cast. Meravigliosa Mirjana Karanovic nella scena in cui riceve dopo tanto tempo una lettera dal marito. Palma d'Oro 1985.
COSA NON MI HA CONVINTO: la vicenda della bimba malata si ferma proprio sull'orlo del patetismo. Il suo epilogo probabilmente sarebbe stato giustificato da un maggiore sviluppo precedente, anche se correttamente la bimba è mostrata non con la sua personalità, ma per come la vede il bambino, che è il narratore di tutta la storia. Fra il ricongiungimento della famiglia e la parte finale il ritmo rallenta un po'.
CURIOSITA': il Boskov citato nella formazione della nazionale yugoslava è proprio il Vujadin Boskov che gli sportivi italiani ben conoscono.
Ho visto Papà... è in viaggio d'affari in serbo-croato
con i sottotitoli in inglese.
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