DI COSA SI TRATTA: all'alba del XX secolo una famiglia borghese della Louisiana è divorata dall'ingordigia di ricchezza.
COSA MI E' PIACIUTO: dopo una partenza troppo illustrativa e convenzionale, il film prende quota e si fa via via più coinvolgente. L'idea di fondo è l'accusa nei confronti di quelli che "stanno a guardare", qualunque cosa succeda. Il testo è indubbiamente molto corretto, con qualche sporadica puntata sulla satira sociale e religiosa. La recitazione degli attori protagonisti, ma anche di quelli impegnati nei ruoli secondari (per esempio la servitù di colore), ne alimenta lo spessore. In particolare Bette Davis offre qui un classico esempio della sua abilità nell'esprimere la perfidia totale. La scena capolavoro è quella di Horace che in preda a un attacco cardiaco cerca di salire le scale, sullo sfondo, mentre in primo piano la moglie (B. Davis, ovviamente) fa finta di niente, cercando di dominare il tormento che la sua stessa cattiveria le procura.
COSA NON MI HA CONVINTO: la prima parte, così forzatamente brillante e serrata, dovrebbe fungere da guscio che, schiudendosi a poco a poco, rivela il marcio che consuma la famiglia Hubbard, ma il rischio che corre è quello di stancare lo spettatore dei giorni nostri prima che si entri nel vivo. La matrice teatrale (dal dramma di Lillian Hellman che ha contribuito alla sceneggiatura) viene superata solo a tratti, e sul piano visivo più che sul ritmo dei dialoghi, che non di rado a me sembrano troppo veloci e al contempo troppo "perfetti". Teatrali, insomma. Teresa Wright è brava e carina, ma qualche volta esagera nelle sottolineature e diventa leziosa.
Ho visto Piccole volpi in inglese con i
sottotitoli in italiano. Il doppiaggio italiano, rifatto recentemente, è inopportunamente basato sulla traduzione dell'epoca. Con tanto di "Riccardo Wagner", come si trovava, e ancora si trova scritto nei programmi dei Conservatori italiani secondo il Regio Decreto del 1930, in compagnia dei vari Giovanni Sebastiano Bach, Giovanni Nepomuceno Hummel e Giorgio Federico Haendel.
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