COSA MI E' PIACIUTO:
è un film che non si può non amare, soprattutto per ciò
che ha rappresentato per Jacques Tati. La summa di tutto il suo cinema,
opera attesissima che costò una cifra colossale e che ridusse
Tati in condizioni economiche disperate perché il pubblico non
rispose in misura proporzionale ai successi dei film precedenti. E come
poteva rispondere? Play Time è in anticipo di 30 anni:
ci ha avvisati invano sui rischi della globalizzazione quando ancora
l'idea era per i più inconcepibile (si veda la sequenza degli
uffici-box tutti uguali, visti dall'alto, dai quali giungono frammenti
di conversazione in molte lingue diverse: è fra le scene reintegrate
nell'ultima versione). La città che vediamo qui non è
soltanto identica a quelle di qualsiasi altro paese, ma i suoi edifici
si confondono tutti fra loro: l'aeroporto della prima scena si svela
per quello che è solo dopo diversi minuti durante i quali si
sarebbe scommesso che fosse un ospedale. La fiera, gli uffici, il ristorante:
è tutto uguale. Predomina il grigio, che tende a sbiadire ogni
altro colore. Di vegetazione non si parla nemmeno: il chiosco della
fioraia attira tutti i turisti come il residuo di un'altra era geologica.
Alla fine, gli automezzi che girano su una rotonda sono visti come una
giostra: nessuno va da nessuna parte, e i turisti prigionieri del pullman
si beano della contemplazione di cose uguali a quelle che sono abituati
ad osservare dalle finestre di casa loro dall'altra parte del globo.
I dettagli di questo gigantesco affresco in grigio sono migliaia: sbalordisce
che Tati non scrivesse nulla, ma registrasse tutto nella sua mente,
dirigendo l'intero film a memoria. La versione originale durava oltre
due ore e mezza. Il tiepido successo alla sua prima uscita (nel dicembre
67, in un'unica sala di Parigi), e le successive difficoltà nel
pagare i debiti, indussero Tati ad accettare il consiglio di tagliare
qualcosa. La presente versione è figlia della riedizione licenziata
(controvoglia) dal regista alla fine degli anni '70, riallungata con
il recente restauro di circa 6'. Rispetto poi alla versione italiana
conosciuta fino a qualche anno fa, qui è stata reintegrata una
sequenza completa (gli appartamenti in vetrina).
COSA NON MI HA CONVINTO: c'è qualche sproporzione di durata fra
le varie parti, che ritengo sia dovuta all'impossibilità di accorciare
certe sequenze in occasione della prima revisione.
CURIOSITA': il quartiere ultramoderno costruito
per questo film, e battezzato Tativille, pareva destinato ad essere
conservato come una specie di cittadella del cinema, ma fu ben presto
raso al suolo per assecondare il progetto di una nuova autostrada. L'idea
della "New Spugna" attiene all'edizione italiana.
Ho visto Play Time nella versione originale.
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