DI COSA SI TRATTA: un uomo viene trovato morto in un bosco. Ognuno dei testimoni fornisce una versione diversa dei fatti.
COSA MI E' PIACIUTO:
non esiste una sola verità, esistono soltanto le verità di ciascuno, forgiate dai propri interessi, legittimi o meno, nobili o ignobili che siano. In Rashomon la menzogna di ciascuno dei testimoni (compreso il morto, interrogato attraverso la mediazione di una maga) trae forza e giustificazione dalle menzogne degli altri. Ciascuna di queste interpretazioni della realtà viene mostrata come se fosse l'unica, e i fatti sono mostrati oggettivamente, come se il testimone mostrasse un filmato in cui lui è presente. Il montaggio, non a caso, sembra quello che ci facciamo noi quando ricostruiamo una storia che ci riguarda, indipendentemente che sia vera o no, o quando sogniamo. Il primo duello, come viene raccontato dal brigante, è il classico duello iperdinamico, pieno di slanci e di eroismi come quelli a cui ci ha abituato Kurosawa, e sembra il resoconto di un Ali-Frazier. Il secondo, una sequenza di atti dettati dalla paura e dalla goffaggine, ricorda un Bepi Ros-Dante Cané qualsiasi (con tutto il rispetto per questi due pugili, però, insomma, Ali-Frazier è un altro sport), e desta la nostra pena e il nostro sorriso. E' un film senza punti deboli, con in più, rispetto a I sette samurai, il dono della concisione. Mifune è un istrione incontenibile.
COSA NON MI HA CONVINTO: -
CURIOSITA': il nome Rashomon non ha un significato legato alla vicenda, ma è il nome del luogo in cui si svolgono i fatti. Rashomon era una delle porte d'ingresso della città di Kyoto.
Ho visto Rashomon in giapponese
con i sottotitoli in italiano.
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