COSA MI E' PIACIUTO:
l'unica didascalia programmatica è quella dell'immagine iniziale,
con il gregge di pecore che si avvia verso l'ovile, cui è giustapposta
immediatamente dopo la panoramica sugli operai della catena di montaggio
che si accalcano attorno ai macchinari giganteschi. Tutto il resto è
poesia, satira in punta di fioretto, puro divertimento in salsa agrodolce.
Nella denuncia dell'alienante società industriale non c'è
un solo momento di pedanteria ideologica. Le invenzioni si susseguono
senza tregua e senza cadute di gusto, e alcune sono diventate paradigmatiche:
Charlot che non può smettere di stringere bulloni anche dopo
la fine del suo turno di lavoro, o che viene inghiottito dalla macchina
e percorre la stessa trafila dei pezzi da montare, o che viene nutrito
a forza da un congegno sperimentale che dovrebbe consentire di produrre
anche durante la pausa pranzo (si noti che gli operai pranzano non in
sala mensa, ma su una lunga panchina dinnanzi ai "posti di combattimento",
per non perdere tempo). E' il primo film di Chaplin in cui si può
ascoltare la sua voce, anche se solo nella canzone non-sense con cui
sembra dire: "Va bene, vi faccio sentire la mia voce, visto che
siamo già nel '36 e al cinema si parla da un pezzo, ma non dirò
una parola!". Però anche dove i personaggi non parlano (l'unico
a parlare davvero è il presidente della fabbrica, quando deve
ordinare un'accelerazione della catena di montaggio), c'è una
sonorizzazione, che in una sequenza, quella della visita al carcere
della dama di carità, arriva ad essere apportatrice assoluta
della vis comica (un precedente importante si trova in Luci della
città, nella scena in cui Charlot ingoia il fischietto).
Altri momenti indimenticabili: Charlot che raccoglie una bandiera
che si presume rossa caduta da un camion, e viene a trovarsi suo malgrado
alla guida di un corteo di protesta; Charlot che pattina a occhi bendati
sull'orlo del precipizio (con il cartello Danger in primo piano:
una meravigliosa trovata da cartoni animati), o che sogna di vivere
in una casa in cui tutte le comodità sono a portata di mano,
compresa una mucca da mungere sulla soglia. Bella la musica, che si
giova del fatto di essere stata composta ad hoc dallo stesso regista,
e quindi è sempre funzionale. Graziosissima e simpatica Paulette
Goddard.
COSA NON MI HA CONVINTO: le sequenze sono più giustapposte che
concatenate in funzione di una progressione narrativa che si nutra di
sé stessa, al punto che probabilmente scombinando l'ordine delle
scene in maniera casuale, il film funzionerebbe lo stesso. A pensarci
bene, però, non è detto che sia un limite.
Ho visto Tempi moderni in lingua originale
(anche se il parlato è ridotto all'osso) con i sottotitoli in
italiano.
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