DI COSA SI TRATTA: la vita e la carriera di un pubblicitario sembrano destinate ai migliori successi, fino a quando, un certo giorno...
COSA MI E' PIACIUTO:
con questo titolo un po' alla Buzzati, Olmi presenta la storia personale di un uomo che rappresenta un'intera generazione, la generazione dei dirigenti, politici o industriali (qui è il secondo caso, essendo sempre stato Olmi un cantore del lavoro), che hanno dimenticato i doveri di chi ha la responsabilità del comando e i connessi obblighi morali, e perseguono soltanto il loro successo personale, sovrapponendo alla missione i benefici del ruolo occupato. Quando si cammina su una fune sospesa sul precipizio senza rendersene conto, basta un piccolo incidente, addirittura come in questo caso provocato inconsapevolmente, per perdere irrimediabilmente l'equilibrio. Olmi usa i toni sommessi consoni al carattere del personaggio di Bruno, ma non per questo rinuncia agli slanci di virtuosismo figurativo e di montaggio che contribuiscono a fare di Un certo giorno un film inconsueto e personale, una tappa importante del percorso creativo del regista bergamasco.
COSA NON MI HA CONVINTO: essendo fin dall'inizio i dialoghi molto precisi, quasi troppo accurati, occorre qualche istante per abituarcisi, ma poi ci si accorge che l'impostazione è mantenuta senza il minimo cedimento per tutto il film (ci sono anche alcune battute in un dialetto milanese molto spontaneo e appropriato). La colonna musicale di Gino Negri è complessivamente apprezzabile, con l'eccezione del finto concerto tardo settecentesco che i personaggi ascoltano da un disco.
Ho visto Un certo giorno in
italiano.
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