COSA MI E' PIACIUTO:
la mia più grande preoccupazione, mentre mi accingo a scrivere
queste note, è che il computer che sto usando possa decidere
di farmi scrivere quello che vuole lui... del resto, se Hal 9000 nel
2001 arrivava a permettersi certe cose, figuriamoci nel 2006 cosa può
succedere. Se nel 1968 gli autori, Clarke e Kubrick, ammettevano che
la loro opera non intendeva fornire alcuna risposta, congratulandosi
con chi diceva di aver capito il significato del film, non sarò
certo io ad avventurarmi nell'infinito delle possibili interpretazioni.
Il protagonista, a causa di eventi accidentali finiti, viene proiettato
nell'infinito; il film ci mostra quello che vede, ci fa percepire la
sua emozione, che è anche la nostra, ma ovviamente egli non capisce,
e neanche noi. Qualche interpretazione possibile viene fornita dagli
stessi Clarke e Kubrick nel libro con lo stesso titolo del film, scritto
più tardi, pur senza sbilanciarsi troppo. E' una lettura appassionante
che mi sento di consigliare a tutti.. Il film è ricco di momenti
assoluti, non sto neanche a ricordarli, ma quello che mi annichilisce
è la "soppressione" di Hal 9000. Quel cacciavite me
lo sento quasi rovistare nel mio cervello mentre mi sottrae, una dopo
l'altra, tutte le mie facoltà, fino ad arrivare all'agghiacciante
filastrocca. Dall'inizio alla fine perfezione e originalità vanno
a braccetto. La scelta e l'uso delle musiche (Ligeti, R. Strauss, J.
Strauss, Kachaturian) rappresentano come in tutti i film di Kubrick
un modello assoluto. Le scenografie, pur necessariamente ritagliate
nella fantasia degli autori, trasudano altresì concretezza, e
quando tutti i legami con la realtà conosciuta si spezzano, le
immagini ci proiettano nella più audace delle astrazioni. La
forma complessiva è paragonabile a quella dello spettacolo operistico.
L'incipit è un preludio orchestrale a sipario abbassato, e il
sipario è sostituito da un nero totale di quasi 3 minuti. Seguono
poi dialoghi drammatici, recitativi, interludi orchestrali, e anche
l'intervallo, nel punto prescritto da Kubrick. Intervallo che fu rispettato
anche dalla Rai in occasione della prima visione tv assoluta. Il secondo
atto si apre come il primo, con un nero pervaso dalla musica di Ligeti,
che viene sempre associata all'ignoto, e in particolare alle apparizioni
del monolito. E dove non c'è la musica ci sono i rumori: il contrasto
tra la respirazione affannosa del protagonista e il silenzio assoluto
nel mostrare il suo collega alla deriva nello spazio denotano una maestria
nell'uso drammaturgico delle pause degna di Haydn.
COSA NON MI HA CONVINTO: -
Ho visto 2001: odissea nello spazio in inglese con sottotitoli
in italiano.
P.S.: ultimamente posso aver scritto delle recensioni
molto discutibili, ma vi assicuro che d'ora in poi... no, aspettate,
cosa fate, ho paura... fin che la barca vaaaa...
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