COSA MI E' PIACIUTO:
è l'opera prima di Ingmar Bergman in qualità di regista
(il suo secondo lavoro come sceneggiatore), ed è sempre emozionante
scoprire come ha cominciato un grande, facendo finta di niente e cercando
di capire "se il giovane si farà". Come molte altre
opere prime di grandi artisti in ogni campo, questo film può
essere scambiato per un'opera matura e ineccepibile di un navigato mestierante.
Del resto, sono parole sue, Bergman scoprirà solo più
avanti il modo di usare la macchina da presa "a modo suo".
Ma se come regista non si stacca di molto dalle convenzioni del melodramma
di allora, come autore già si distingue, se non nella costruzione
del dramma, certamente per la qualità dei dialoghi, che già
contengono quei pensieri così insoliti che ti gettano immediatamente
nella meditazione. Si nota già l'abilità del maestro nella
guida degli attori, ed è apprezzabile l'alternanza dei primi
piani e delle composizioni di immagini più complesse (le sequenze
iniziali dall'alto, la stazione). Fra gli attori emergono Stig Olin
(Jack) e la giovane Inga Landgré (Nelly).
COSA NON MI HA CONVINTO: già mi son fatto intendere. La storia
è convenzionale, così come alcuni dei personaggi (non
Jack, però). Non si arriva mai, peraltro, a sconfinare nella
stucchevolezza, e quindi è un film che si lascia apprezzare indipendentemente
dal fatto che Bergman ne sia il regista.
Ho visto Crisi in svedese con i sottotitoli in italiano,
che è anche l'unica modalità possibile.
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