COSA MI E' PIACIUTO:
sfido chiunque a trovarmi un film che assomigli a questo. Potrebbe risultare
noioso per alcuni, ma se ci si lascia ipnotizzare dalla fisicità
delle immagini, è difficile resistere al suo fascino. E' un'opera
certamente allegorica, ma appartiene alla categoria delle creazioni
che non impongono una decrittazione univoca per essere apprezzate. Michel
Piccoli azzecca la chiave giusta per far apparire normale ciò
che lo è esattamente come ciò che è ben lungi dall'esserlo:
riuscita indispensabile per non far dire dopo poche battute: "E
questo cosa significa? Perché mi mostrano delle cose a caso spacciandomi
il tutto come opera d'arte?", e per dare compiutezza all'insieme.
E in tutto il film secondo me non c'è un solo deragliamento da
questa linea: la scrittura, la regia e l'interpretazione sono perfette
da cima a fondo. Felicissima la scelta delle musiche, che sono sempre
dentro il film, e provengono dalla radio, dalla televisione, o dal giradischi.
Si tratta soprattutto di canzoni talvolta molto note, talaltra di brani
completamente dimenticati (come per esempio uno stranissimo pezzo di
Lucio Dalla che sembra scritto per lo Zecchino d'Oro: "La luce
accesa", cantato da Dalla ma composto, come ho letto su un sito,
da Teo Usuelli). C'è anche il finale a sorpresa, peraltro non
arbitrario, cosa vuolsi di più?
COSA NON MI HA CONVINTO: qualche imperfezione tecnica all'inizio e alla
fine, ma come spiega il direttore della fotografia nell'intervista,
a Ferreri l'aspetto tecnico delle sue realizzazioni interessava relativamente.
AVVERTENZA: Dillinger c'entra poco o nulla, che
nessuno si aspetti un film di gangsters anni '30.
Ho visto Dillinger è morto in
italiano.
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