DI COSA SI TRATTA: tratto dall'omonimo romanzo di Kafka. Josef K viene arrestato all'alba nella sua camera da letto. Non sa di cosa è accusato, e non lo saprà mai, nonostante i suoi tentativi di scoprirlo.
COSA MI E' PIACIUTO:
anzitutto le immagini. Gli ambienti sono sempre o smisuratamente vasti, o claustrofobicamente angusti. La luce è fortemente contrastata, cosicché il bianco e nero è in molti casi veramente tale: solo bianco e nero, niente grigi. Welles annuncia all'inizio, alla maniera dei romanzi settecenteschi e del primo ottocento, di cosa narrerà il film, sovrapponendo la propria voce a una serie di disegni. Ma poi questa introduzione verrà dissolta in una scena cruciale, verso la fine, e sarà proprio il personaggio interpretato da Welles (un avvocato) a pronunciare almeno in parte le stesse frasi. La scena più impressionante, in senso spettacolare, è quella dove K fugge per un corridoio delimitato da assi di legno attraverso cui filtrano intense luci e gli sguardi indagatori di un nugolo di ragazzine (fotogramma a sinistra). Sembra di vedere, nella versione in bianco e nero, la folle corsa nello spazio di "2001". La logica narrativa e logistica è quella tipica del sogno, come lo stesso Welles anticipa nell'introduzione, ma non è arbitraria, perché anche i sogni devono obbedire a delle regole, soprattutto se si pretende di raccontarli. Anthony Perkins è uno di quegli attori che diventano famosi per un film in particolare, molto famosi, ma che a causa di quel successo vengono inesorabilmente etichettati. Le premesse per una replica del personaggio hitchcockiano ci sarebbero tutte, e invece qui Welles lo fa apparire credibilmente come una persona normale inserita in un contesto assurdo. Note, e affascinanti, le tre attrici principali: Jeanne Moreau, Romy Schneider e Elsa Martinelli. La Schneider fa la sua prima apparizione mostrando i suoi occhi nello spioncino rettangolare di una porta, e chiunque non può non esclamare: "Toh, Romy Schneider". Dei tre personaggi femminili, il suo è il più importante.
COSA NON MI HA CONVINTO: i sogni durano mediamente 10 secondi, anche se poi nel rammentarli si dilatano a dismisura. Sostenerne uno di due ore è molto impegnativo per lo spettatore, e non appena si capisce che non vi sarà detto nulla di nuovo rispetto al romanzo di Kafka, l'unico stimolo rimane l'attesa della successiva suggestione visuale. Non che sia poco, perché come ho già fatto capire il livello artistico delle invenzioni di Welles è qui all'altezza delle sue prove migliori, ma potrebbe non essere abbastanza. Il Welles attore rifà il verso a sé stesso. La scena girata attorno al letto dell'avvocato (sempre Welles) è molto lunga ed estenuante, e il fascino del sogno si spezza. Onestamente non saprei dire se il film è degno del libro di Kafka, perché il romanzo l'ho letto, in traduzione, più di 25 anni fa, e ricordo solo di esserne rimasto molto affascinato. Ma ricordo anche che alla prima visione del film, che avvenne poco tempo dopo, fui colpito dalla capacità di Welles di cogliere lo spirito del modello. Per rinnovare il confronto, però, sarei oggi costretto ad imparare il tedesco, avendo appena visto il film in lingua originale.
Ho visto Il processo in lingua originale
con i sottotitoli in spagnolo.
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