COSA MI E' PIACIUTO:
è il confronto, in chiave umoristica, bonario ma incisivo, e
perfino severo nella sostanza se non nei modi, fra due mondi: quello
"di una volta", della gente semplice che vive la vita con
spontaneità, e quello ultramoderno che obbedisce alle leggi della
geometria piuttosto che al buon senso e alle necessità. Nel mondo
vecchio tutto è aperto, si sente cantare e chiacchierare, in
quello nuovo si odono solo i rumori delle macchine (la signora Arpel
mostra la cucina avveniristica alle sue ospiti, e da fuori le sue spiegazioni
non si comprendono, coperte dai rumori che sembrano quelli di un cantiere
edile). Tati ci fa ridere più apertamente quando mette a contatto
i due mondi (si veda ad esempio la telefonata fra Hulot e suo cognato
nell'ufficio del principale, con la musica da paese che invade l'ufficio
attraverso la cornetta che Hulot ha lasciato penzolare nella cabina;
Hulot alle prese con la cucina della sorella). Nel mondo nuovo la stupida
fontanella a forma di pesce viene attivata solo a beneficio degli ospiti
il cui censo sia ritenuto all'altezza, in quello vecchio Hulot legge
un articolo su un foglio di giornale risalente a chissà quando
presso la bancarella del pescivendolo, e questi per non disturbarlo
strappa un altro foglio per incartare il pesce, in modo che quegli possa
terminare in santa pace la lettura. Arpel si guadagna la solidarietà
del figlioletto solo quando involontariamente gioca uno scherzo ad un
passante alla maniera dell'altro mondo. La comicità è
alimentata con espedienti diversi, ma lo strumento che Tati usa con
maggiore originalità è il suono. Io raccomando di ascoltare
questo film in cuffia, perché l'insieme di rumori e musica è
di un virtuosismo che ricorda le orchestrazioni di Berlioz o di Ravel
(tanto per restare ai francesi). La gag dell'accendisigari dell'automobile
gettato fuori dal finestrino è stata copiata più volte
da altri, ma mi limito a citare la più marginale ed innocua.
Come per tutti i film di Tati, anche dopo la decima visione si scopre
qualche dettaglio che era sempre sfuggito, ma Mon oncle non
conta tanto per i dettagli, quanto perché è un'opera che
non invecchia mai, essendo nata in un tempo che non era il suo, così
come Tati sembra provenire da un altro pianeta, tale è la distanza
da cui riesce ad osservare le cose che a noi, troppo vicini, spesso
sfuggono. Chissà cosa dirà di noi, adesso.
COSA NON MI HA CONVINTO: -
CURIOSITA': i titoli di testa sono riportati sui
cartelli disposti all'ingresso di un cantiere edile. Il fruttivendolo
è italiano ("Tutte queste pamplemusse..."). La famosa
battuta "Deraglia la befana" pronunciata da uno dei ragazzini
che scommettono sulla riuscita o meno del tentativo di far schiantare
i pedoni contro un palo, distraendoli, non esiste nell'originale francese.
Nell'edizione italiana Hulot non dice praticamente nulla di comprensibile,
a parte un "Come va?" rivolto ad alta voce al cognato. Nell'originale
ogni tanto qualche cosa di quello che borbotta si capisce.
Ho visto Mon oncle in francese.
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