COSA MI E' PIACIUTO:
sarò masochista, ma non posso non apprezzare la durezza spietata
di Bergman nel costringerci a condividere la sofferenza dei suoi personaggi.
L'agonia di Agnes è descritta con un realismo che è ai
limiti del sopportabile, e la tentazione di cercare il telecomando per
"uscire dalla stanza" è sempre in agguato. L'acuminata
violenza dei dialoghi non è meno aggressiva delle scene fisiche,
ma si tratta della consueta sincerità totale che nel cinema di
Bergman è una norma, e alla quale pertanto siamo felicemente
abituati. La morte di Agnes, fra tutte quelle rappresentate non ellitticamente,
è la più poetica che io abbia mai visto al cinema. E lo
scontro-incontro fra Karin e Maria, nell'istante in cui tacciono
le voci ed è il violoncello di Bach a parlare per loro, suscita
in me un'emozione incontenibile. Domina il colore rosso (Bergman disse
che tutti i suoi film possono essere pensati in bianco e nero, eccetto
questo). La fotografia è di stupefacente bellezza, e ricorderò
soprattutto una delle inquadrature iniziali, con gli abiti bianchi delle
tre donne che assistono la malata nella stanza rossa, il volto di Maria
(Liv Ullmann) al cospetto dell'amico medico, e le due scene in cui Anna,
la governante, consola come farebbe una madre la povera Agnes, che possono
essere non indegnamente paragonate a due Madonne col bambino del Rinascimento
italiano. Le attrici (gli uomini qui fanno da contorno, quasi dei fantasmi
a dispetto della loro banale fisicità) sono prodigiose per sensibilità
e intelligenza. Io penso che certe cose potrebbe dirle in maniera efficace
solo la Thulin, sembrerebbe che Bergman le abbia scritte pensando a
lei.
COSA NON MI HA CONVINTO: per quanto mi riguarda assolutamente nulla,
ma spero di aver fatto capire che non è un film adatto a tutti.
Ho visto Sussurri e grida in svedese
con i sottotitoli in italiano.
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