COSA MI E' PIACIUTO:
la storia di Andreij Rubliov, monaco, pittore di icone nella Russia
del 1400. Attraverso questo personaggio il film ci parla della storia
della Russia medievale con le sue guerre fratricide (impressionanti
l'irruzione e il massacro nella chiesa), anima la pittura sacra dell'epoca
svelandone i significati, le consonanze con la realtà e con il
pensiero del tempo, illustra il lavoro degli artisti e l'ambito in cui
operarono. Tarkovskij si prende il movimento e rinuncia ai colori, che
ritornano solo nei minuti finali in cui offre una "fantasia iconografica"
sulle opere di Rubliov. Le meraviglie figurative percorrono tutto il
film, ma la parte più emozionante è l'ultima, in cui il
giovane Boris, la cui famiglia è stata sterminata dalla peste,
sovrintende alla costruzione di una grande campana vantando la conoscenza
dei segreti del mestiere del fonditore. Bello il personaggio della muta,
magica la sequenza della cerimonia pagana, con i fuochi che sembrano
volare sul pelo dell'acqua all'imbrunire.
COSA NON MI HA CONVINTO: c'è un problema non addebitabile al
film ma all'edizione: quando stanno per far suonare la campana per la
prima volta, nella traccia originale subentra improvvisamente un dialogo
in italiano, recitato malissimo. In un solo momento si precipita dalla
sublime attesa del primo rintocco alla routine della telenovela sudamericana
di seconda scelta doppiata a cottimo. Era preferibile il silenzio.
CURIOSITA': le riprese del film iniziarono nel
1966 e furono portate a termine l'anno successivo, ma Andreij Rubliov
fu presentato a Cannes solo nel 1969 e uscì in Urss nel
1972. Da noi è arrivato nel '75. Il ragazzo che interpreta Boris
non è altri che l'Ivan de L'infanzia
di Ivan.
Ho visto Andreij Rubliov in russo con i sottotitoli
in italiano.
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