COSA MI E' PIACIUTO:
come già aveva fatto con L'ombra
del dubbio, Hitchcock apparecchia una situazione di assoluta
normalità, qui nelle forme di un romanzetto sentimentale, e in
un contesto ambientale da dépliant turistico; poi, senza neanche
indugiare troppo, introduce la minaccia impronosticabile. Là
era un placido zio, qui sono gli uccelli, in particolare corvi e gabbiani.
Da quell'istante la tensione non cala più fino alla fine, sostenuta
dalle molte attese estenuanti e da illusioni ottiche abilmente accennate:
sembra di vedere uccelli ovunque, soprattutto dove non ci sono. Una
pregevole singolarità di questo film è rappresentata dalla
colonna sonora. Non c'è musica, ma i suoni sono curati da un
musicista, il solito Bernard Herrmann, che compone una partitura complessa
con i versi degli uccelli. La sequenza più geniale è per
me quella del bar attiguo alla stazione di servizio, con i fermi immagine
"naturali" e la ripresa dall'alto immersa in un angoscioso
silenzio. Bravi gli interpreti, compresa la bella Suzanne Pleshette,
che forse non ha fatto la carriera che avrebbe meritato.
COSA NON MI HA CONVINTO: gli effetti speciali sono da ritenersi ben
fatti, se consideriamo gli strumenti a disposizione nel 1963, ma allo
spettatore del nuovo millennio appaiono come l'unico elemento datato
del film.
CURIOSITA': Hitchcock compare nella sequenza iniziale
mentre esce dal negozio di animali con due cagnolini al guinzaglio.
Ho visto Gli uccelli in lingua originale con i sottotitoli
in italiano.
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