COSA MI E' PIACIUTO:
è il primo film parlato del cinema tedesco, e lo si può
intuire dalla parsimonia - lodevole - con cui vengono utilizzati i dialoghi.
E' un classico, perchè non ha perso nulla del suo vigore, che
sfocia nella celebre, agghiacciante scena della follia del professore
sul palcoscenico dell'Angelo azzurro (il nome del locale, non della
protagonista), destinata a placarsi nello struggente finale. La bella
colonna sonora sta tutta nelle canzoni cantate dalla Dietrich. L'unico
commento musicale esterno accompagna brevemente l'epilogo. Rispetto
a L'ultima risata, qui Jannings, grazie
al sonoro, cui si è adattato subito in modo ammirevole, esibisce
uno stile di recitazione assai più sobrio ed efficace, che consente
a Sternberg di far esplodere il dramma nella scena madre con inattesa
violenza. Marlene Dietrich non deve far molto per essere convincente:
è uno dei più fulgidi simboli di femminilità della
storia del cinema, bisognerebbe essere ciechi, o lignei, per non rendersene
conto, ma ciò di cui non mi ero mai accorto è la sua straordinaria
somiglianza, in molte espressioni, con Juliette Binoche.
COSA NON MI HA CONVINTO: non c'è neanche la pesantezza quasi
programmatica che secondo la mia sensibilità affligge la maggior
parte del cinema tedesco, e quindi non ho nulla da dire.
Ho visto L'angelo azzurro in tedesco con i sottotitoli
in francese.
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