COSA MI E' PIACIUTO:
la verità. I dettagli di quello che succede in una famiglia colpita
da un simile evento sono collocati nella storia con precisione scientifica,
e al contempo con viva sensibilità drammaturgica. Il padre che
si ostina a cercare le cause tecniche dell'incidente, la madre che vuole
incontrare a tutti i costi una ragazza che il figlio aveva conosciuto
in vacanza, la ripetizione ossessiva dell'ascolto di un passaggio di
una canzone, nel tentativo simbolico di fermare il tempo e riportare
tutto com'era prima, la ricerca di una stazione radio interessante da
parte della ragazza senza alcun reale interesse per il risultato, il
tentativo costante di far credere agli altri che non ci si sta pensando,
ottenendo naturalmente l'effetto contrario, cioè quello di ravvivare
in tutti la pena, gli sforzi del padre di ricondurre la realtà
all'umanamente sopportabile, frustrato dall'impossibilità di
accettare l'inaccettabile. Dal momento della svolta drammatica, adombrata
da alcuni piccoli, apparentemente trascurabili segni premonitori, la
tensione e l'emozione rimangono sempre al vertice, e anche le sedute
psicanalitiche assumono tutt'altro aspetto. Le due scene per me più
toccanti sono due momenti discreti, defilati: nel negozio di abbigliamento
la madre le ha appena detto che può comprare entrambi i maglioni
che si è appena provata, e Irene si chiude nel camerino e piange
silenziosamente; Arianna è passata a trovare i genitori di Andrea,
ma Paola non c'è. Quando rientra e Giovanni le dice chi c'è
in salotto, abbandona le borse della spesa sul pavimento e si mette
a camminare verso la porta da cui è appena entrata, pervasa da
un improvviso senso d'inquietudine e di stordimento, come se volesse
fuggire da quella realtà e da quell'istante, benché fosse
stata proprio lei a voler contattare la ragazza. Paola, la madre di
Andrea, è Laura Morante, autrice di una grande interpretazione,
che secondo me avrebbe meritato a Cannes il premio assegnato invece
a Isabelle Huppert, altrettanto brava ma in un film veramente insopportabile.
Promettente la prova di Jasmine Trinca, che debuttò qui proseguendo
poi la sua carriera ne La meglio
gioventù (mica male come partenza, nevvero?). Pudica
come il film, la musica di Nicola Piovani ne completa la riuscita.
COSA NON MI HA CONVINTO: la prima parte, che strutturalmente serve a
mostrare la perfetta normalità della vita di una famiglia che
sta per essere travolta dall'uragano, è tecnicamente meno riuscita
del seguito. La nonchalance confina in qualche momento pericolosamente
con l'inaccuratezza, soprattutto nella condotta degli attori.
AVVERTENZA: questo è un film molto duro
da sopportare anche per chi come me non ha figli. Chi ne ha, si prepari
a soffrire.
Ho visto La stanza del figlio in italiano.
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