DI COSA SI TRATTA: il famoso pittore Claude Zoret protegge il giovane Michael, che gli fa da modello ed è per lui fonte di ispirazione e figlio adottivo, ma che finirà per prosciugare la sua vena artistica e il suo patrimonio.
COSA MI E' PIACIUTO:
il pittore Zoret è un emblema della solitudine dell'artista, che riesce ad attingere al culmine della propria capacità espressiva solo attraverso il vuoto degli affetti. Finché il giovane Michael (figlio? ideale amante?) è con lui, la sua vena s'inaridisce, ed è Michael a dare un senso al ritratto della principessa, che è innamorata di lui, cogliendone lo sguardo, mentre l'anziano maestro riesce a carpirne l'essenza solo quando lei non c'è; soltanto come creatura ideale, quindi. Zoret ritroverà sé stesso come artista solo nella solitudine, ritraendo un uomo vecchio che ha perso tutto, in definitiva un autoritratto. Tramite una vicenda parallela, il film illustra anche il trionfo inesorabile della gioventù, a cui la vecchiaia può cercare di opporsi solo ricorrendo ad atti distruttivi.
Dreyer esibisce la straordinaria maturità espressiva del suo cinema, nel quale c'è già tutto. Per esempio, la bellezza figurativa che ritroveremo in altri grandi film, molto più recenti, incentrati sulla pittura, partendo dai ritratti iniziali che introducono i personaggi. O la capacità di far comprendere con una sola fugace inquadratura una situazione complessa. La recitazione è asciutta ed essenziale. E' molto bella e funzionale la colonna musicale, recente, composta ed eseguita da Pierre Oser al pianoforte, affiancato da un clarinetto e da un violoncello.
COSA NON MI HA CONVINTO: sul cofanetto è riportato il titolo danese, Mikaël, ma non ne comprendo il motivo. La produzione del film è tedesca, e il titolo danese è semmai quello del romanzo da cui è stata tratta la sceneggiatura.
Ho visto Michael con i cartelli originali in tedesco e i sottotitoli, escludibili, in italiano.
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