COSA MI E' PIACIUTO:
il film è diviso sostanzialmente in quattro parti: un prologo
drammatico, il viaggio, l'incontro-scontro con i Canfield, la fuga.
Il registro drammatico, insolito per Keaton, è adoperato con
insospettato vigore, grazie all'impiego espressivo delle luci e della
composizione delle inquadrature. Il viaggio è trattato secondo
il registro del comico d'osservazione: il giovane McKay (Keaton) si
reca alla stazione con un bicicletto (siamo in pieno '800) e prende
un treno che sembra fatto di carta. In questa fase inserisce alcune
gags geniali, come il vecchio che tira le pietre al macchinista ricevendo
in cambio la legna per il fuoco, o come l'asino che pascola sulle rotaie
e non si vuole spostare. Spostano le rotaie per aggirarlo e solo allora
se ne va. Nella terza parte subentra l'elemento satirico che dà
il titolo al film. La scena, reiterata, della donna maltrattata dal
marito che si scaglia contro Keaton perché cerca di difenderla
è una frecciata ante-litteram ai moderni sedicenti portatori
di democrazia: ogni comunità ha le proprie regole. Dura lex sed
lex. La parte finale è un pezzo di bravura del Keaton acrobata
che lascia col fiato sospeso. La sequenza di congedo è come sempre
tenera e spiritosa.
COSA NON MI HA CONVINTO: dei due titoli italiani con i quali il film
è uscito da noi, "La legge dell'ospitalità"
è certamente più appropriato dell'altro.
CURIOSITA': Buster Keaton e Natalie Talmadge erano
marito e moglie, e il bimbo di un anno che si vede all'inizio è
Buster Keaton jr, loro figlio. In un ruolo secondario c'è anche
Joe Keaton, padre di Buster e nonno di Buster jr.
Ho visto La legge dell'ospitalità con
i cartelli in inglese originali.
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