COSA MI E' PIACIUTO:
Kitano è simpaticissimo e il suo cinema è sempre ricco
di trovate, a volte volutamente stupide, che però fanno sempre
ridere. Qui ripete in una chiave diversa il procedimento, già
adottato in Dolls, di unire tre storie che alla fine si avvicinano
fino a saldarsi nel tip-tap collettivo del finale festoso (dopo tutto
quel sangue...). Io da Kitano accetto tutto, e non so quante volte ho
pensato durante la visione di questo film: e questo cosa c'entra?, per
poi deviare regolarmente su un indulgente: e perché no? Kitano
mischia tutto: i generi, le storie, e anche le musiche: più di
una volta si odono contemporaneamente la colonna sonora e il suono di
uno strumento nelle mani di un protagonista. Sembra Ives! Benché
i risultati estetici di Dolls restino di un altro pianeta,
anche qui ogni tanto affiora il gusto di Kitano per l'invenzione pittorica
(ricordiamo che è anche un pittore): la sequenza del "nipote"
che esce di casa con l'ombrello rosso e per alcuni istanti non si capisce
se la macchina da presa sia piazzata di fianco alla porta o al di sopra
del tetto, è un bel numero di illusionismo. In generale, la qualità
della fotografia è rimarchevole.
COSA NON MI HA CONVINTO: ribadisco che da Kitano accetto qualsiasi cosa,
e nel complesso mi sono divertito, ma ciò non toglie che se confronto
Zatoichi con i suoi film più importanti non è
che ne esca benissimo. La parte centrale è un po' inchiodata,
e tutti quei combattimenti, con gli ettolitri di sangue (digitale) che
sgorgano dalle ferite, alla lunga finiscono per annoiarmi. Per i miei
gusti, Zatoichi rappresenta nell'opera di Kitano ciò
che in quella di Kurosawa è identificabile ne La
sfida del samurai.
Ho visto Zatoichi in giapponese con i
sottotitoli in italiano.
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