COSA MI E' PIACIUTO:
la grandissima interpretazione di Harriet Andersson, che tornerà
a recitare con Bergman sempre nel ruolo di una malata, altrettanto splendidamente,
in Sussurri e grida. La fotografia
di Sven Nyqvist, la cui arte non necessita alcun commento, ma è
soltanto da ammirare. Il tema più interessante non è tanto
quello centrale del film, spiegato dal personaggio dello scrittore nel
dialogo finale col figlio (Dio è amore, l'amore è Dio),
ma piuttosto quello, fortemente caratterizzato in senso autobiografico,
della rinuncia alla vita nel nome dell'arte, inseguendo un obbiettivo
(nel caso di questo film, il successo dei propri romanzi) che sarà
protetto come da un cerchio, finché la vita non irromperà
spezzando il cerchio e banalizzando l'oggetto di tutte le attenzioni,
e poi un nuovo cerchio verrà costruito, artificioso come il precedente.
COSA NON MI HA CONVINTO: le tematiche cui ho accennato sono collegate
labilmente alla storia, essendo tutte affidate, non di rado un po' didascalicamente,
ai dialoghi, che ricalcano troppo marcatamente la traccia di altri film
precedenti di Bergman.
Ho visto Come in uno specchio in svedese con i sottotitoli
in italiano.
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